La nostra cultura è nemica dell’allattamento?

Chissà quante volte avete sentito dire da una neomamma la seguente frase: “ Non ho latte”.
Ma se vi dicessi che in realtà tutte le mamme hanno il latte, esclusa una piccolissima minoranza (2-3%) di donne affette da determinate patologie, spesso conosciute prima della nascita del bambino?

L’allattamento è una questione di testa, di relazione con il proprio bimbo e di informazioni corrette, che devono essere fornite già durante i corsi di accompagnamento alla nascita, in modo da far comprendere che si tratta di un meccanismo perfetto quanto influenzabile da interferenze fisiche ed emotive; inoltre è importante che sia ben avviato in ospedale, dopo il parto, e sostenuto costantemente dopo il rientro a casa.

Perché si instauri e si consolidi questo importante processo, l’allattamento dovrebbe essere:

  • precoce, cioè avviato entro un’ora dal parto
  • esclusivo, cioè il bambino dovrebbe prendere solo latte materno, senza acqua, aggiunte o tisane
  • a richiesta, cioè il bambino dovrebbe essere allattato ogni volta che lo chiede, che mostra segnali di fame, ricordandosi che il pianto è spesso un segnale tardivo (basta per esempio osservare quando il bambino gioca con la lingua, si ciuccia i pugni e si guarda in giro vispo, alla ricerca).

Purtroppo spesso, già in ospedale, queste tre semplici regole non vengono rispettate: si separa il neonato dalla mamma, gli si fornisce il latte artificiale e non si supporta la madre nel rispondere ai bisogni del suo bambino, mostrandole i segnali e accompagnandola se ha difficoltà o ha avuto un parto difficile. L’avviamento dell’allattamento in ospedale risulta essere molto importante perché la donna acquisisca fiducia e stabilisca precocemente la relazione con il bambino, ma spesso i comportamenti errati (tentativo di mantenere gli orari, doppia pesata prima e dopo aver allattato, allattamento misto) vengono instaurati proprio in questa struttura.

Dopo il rientro a casa le donne si trovano spesso da sole a gestire la fatica del parto, senza supporto pratico e emotivo. Le prime settimane sono un periodo di rodaggio per l’allattamento, in cui la produzione di latte si calibra sulle richieste del bambino, ma sono anche quelle in cui si cerca di conoscere il proprio figlio, di capirlo e di soddisfare al meglio tutti i suoi bisogni, di abituarsi all’idea di avere una nuova famiglia. Spesso capita che, sommersa da questa mole di difficoltà, la mamma scelga di passare alla formula, cioè al latte artificiale.

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La diffusione del latte artificiale dalla fine del XIX secolo è dovuta principalmente a due fattori: uno medico e a uno economico, per certi versi legati tra loro. Dall’ospedalizzazione totale dei parti è derivata una logica basata sulla funzionalità, su orari fissi e sull’organizzazione degli operatori (è più comodo e veloce dare il biberon a un bambino che piange piuttosto che insegnare alla donna come allattarlo e attendere che questo avvenga), oltre al fatto che le competenze della cura nel percorso nascita si centralizzano nelle mani degli esperti, a cui la donna si rimette. Il lato economico della questione (quello che maggiormente ostacola anche il ristabilirsi della cultura dell’allattamento in contrapposizione con la cultura del biberon) si basa sulle politiche di vendita delle ditte produttrici di alimenti per l’infanzia, succhiotti e biberon.

Ci hanno fatto credere che il latte artificiale fosse migliore, perfetto, sterile, ma non è così. Il latte materno è un alimento specie-specifico, cioè adeguato al preciso apporto di sostanze nutritive di cui il cucciolo dell’essere umano ha bisogno. Non c’è sostanza migliore di questo tessuto vivente, che muta a seconda dell’età del bambino, dell’orario del giorno, se il bambino è prematuro o malato. Il non allattamento è invece svantaggioso, per la salute del bambino ma anche della sua mamma.
L’allattamento è inoltre una questione relazionale, di prossimità, di ascolto: ci vogliono tanta pazienza e serenità per portarlo avanti e certo non aiutano le pubblicità che dicono “se il tuo latte manca”, o i consigli di chi sostiene che allattando a richiesta si viziano i propri bambini, obbligando le madri a limitarsi e controllarsi eccessivamente nella vicinanza e nel rispondere ai bisogni del bambino (anche andando contro ciò che dicono i loro cuori).
Perciò care mamme, non lasciatevi scoraggiare dai consigli che vi arrivano da ogni lato, tenete duro, ascoltate il vostro bambino e, se ne avete bisogno, fatevi aiutare da un’esperta in grado di fornirvi tutte le informazioni che vi servono. Con la consapevolezza, l’amore e la pazienza, forse non cambieremo l’intera società, ma faremo un piccolo passo per portare pace nella vita del nostro bimbo, iniziando a mutare dal basso persino la nostra cultura.

Bibliografia

Negri P., Tutte le mamme hanno il latte. Rischi e danni dell’alimentazione artificiale, Il leone verde, Torino 2005

WHO, Dichiarazione congiunta OMS/UNICEF, L’allattamento al seno: protezione, incoraggiamento e sostegno. L’importanza del ruolo dei servizi per la maternità, Ginevra 1989

WHO e UNICEF, Codice Internazionale OMS/UNICEF sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, 1981

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